La storia di Pip, che cresce durante tutto il romanzo dalla
sua fanciullezza alla maturità di una sconsiderata gioventù, un personaggio
umanissimo e pieno di difetti e miserie, commuove e fa riflettere: è il denaro
che corrompe l’uomo o è l’uomo che si lascia corrompere e plasmare dalle
proprie “grandi speranze”? Come in tutte le fiabe, c’è una morale e una
conclusione di riscatto e redenzione, perfino per quegli uomini (vere figure “dickensiane”)
che venivano additati quale feccia nella società vittoriana: carcerati, galeotti,
poveri diavoli.
Italo Calvino diceva che i classici sono “quei libri che
costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma costituiscono una
ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima
volta nelle condizioni migliori per gustarli”.
Così è stato per me leggere Grandi speranze di Charles
Dickens: l’ho letto per la prima volta oggi, nelle condizioni migliori, e me lo
sono proprio gustato.
Charles Dickens, Grandi speranze, introduzione di Guido Almansi, traduzione di Bruno Maffi, BUR Rizzoli, Milano, pagg. 486, € 10,00
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